Brutte o incomprese? I flop di design che hanno segnato la storia delle due ruote

Scopri le moto dal design controverso che hanno fatto la storia: flop clamorosi, esperimenti audaci e modelli diventati cult tra appassionati e collezionisti.

Brutte o incomprese? I flop di design che hanno segnato la storia delle due ruote
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Marianna Bortevi
Pubblicato il 2 set 2025

Nel mondo delle due ruote, la bellezza è spesso un terreno di scontro tanto quanto le prestazioni. Se da un lato le moto incarnano il sogno di libertà e la passione per la velocità, dall’altro il loro aspetto estetico può suscitare reazioni viscerali, dividendo il pubblico più delle schede tecniche. Il fascino, si sa, è soggettivo, ma quando si parla di design motociclistico, alcune scelte stilistiche riescono davvero a mettere tutti d’accordo… nel disaccordo.

Non è raro che le case produttrici, spinte dalla voglia di stupire o dalla necessità di distinguersi, si avventurino in territori inesplorati, dando vita a flop estetici che restano impressi nella memoria degli appassionati. Eppure, questi esperimenti audaci, a volte al limite dell’incomprensibile, rappresentano una parte fondamentale della storia motociclistica: sono il simbolo di un coraggio creativo che sfida le convenzioni e, spesso, anticipa i tempi.

Prendiamo ad esempio l’iconica Aprilia Motó 6.5, progettata dal celebre Philippe Starck. Questa moto, con le sue forme tondeggianti e i dettagli che ricordano più un elettrodomestico che una due ruote, ha fatto storcere il naso a molti. Eppure, dietro quella carrozzeria così diversa dalle classiche linee filanti si nascondeva la volontà di rompere gli schemi e proporre un nuovo modo di intendere il design motociclistico.

Gli anni ’80 e ’90 sono stati un vero laboratorio di idee: basti pensare alla Buell RR 1000 o alla francese BFG 1300, che sembrava più una piccola automobile privata delle sue quattro ruote che una moto in senso stretto. Oppure alla BMW K1, che con la sua carenatura esageratamente aerodinamica ha diviso il pubblico tra chi la considerava un’anticipazione del futuro e chi, invece, la vedeva come una caricatura su due ruote. Questi modelli, all’epoca spesso accolti con scetticismo, sono diventati col tempo veri e propri emblemi di un’audacia stilistica senza compromessi.
Anche l’Italia, patria di eleganza e stile, non è stata immune dal fascino del rischio. La Ducati Paso 750, firmata da Massimo Tamburini, rappresenta uno degli esempi più eclatanti di come il design possa suscitare opinioni contrastanti. Con le sue linee avveniristiche e il frontale chiuso, questa moto ha lasciato perplessi molti puristi, pur diventando oggetto di culto tra alcuni appassionati. Stessa sorte è toccata alla Ducati 999: vincente in pista, ma spesso criticata per il suo aspetto spigoloso e poco armonico.
Dall’altra parte del mondo, Honda ha scelto la strada della sperimentazione estrema con modelli come la NM4 Vultus, ispirata ai manga e al cinema futuristico, e la Pacific Coast, una tourer tanto pratica quanto incompresa. Entrambe sono state giudicate “troppo avanti” per i gusti del grande pubblico, ma oggi vengono rivalutate come esempi di coraggio progettuale.
Non tutti i flop stilistici, però, sono destinati all’oblio. Un caso emblematico è quello della Suzuki Katana: al suo debutto, le sue linee spigolose e futuristiche fecero storcere il naso a molti, ma con il passare degli anni questa moto è diventata una vera icona tra i collezionisti. Stesso discorso per la Yamaha 900 TDM, inizialmente oggetto di scherno per il suo aspetto poco convenzionale, ma poi capace di conquistare una schiera fedele di appassionati.
Nel colorato mosaico del mondo delle due ruote, le “incomprese” rappresentano un capitolo affascinante e, a loro modo, rivoluzionario. Questi modelli sono la prova che il design motociclistico non è solo questione di estetica, ma anche di visione, innovazione e, talvolta, di sano rischio. Che abbiano incontrato il favore del pubblico o siano stati bollati come flop, le moto dal look controverso hanno comunque arricchito la cultura delle due ruote, lasciando un segno indelebile nella memoria degli appassionati.
In fondo, anche l’errore più clamoroso, se frutto di una scelta coraggiosa, diventa con il tempo testimonianza di una ricerca continua di novità. E forse è proprio questo il vero motore del progresso: la capacità di osare, di andare oltre le convenzioni, e di accettare che, a volte, il giudizio estetico sia solo una tappa del lungo viaggio dell’innovazione motociclistica.

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