Kawasaki KH606: la moto a 7 cilindri che sfida le leggi della meccanica

Scopri la storia della Kawasaki KH606 di Simon Whitelock: sette cilindri, oltre 100 cv, modifiche uniche e un prezzo da collezione. Un'icona delle moto custom.

Kawasaki KH606: la moto a 7 cilindri che sfida le leggi della meccanica
M V
Massimiliano Vetrone
Pubblicato il 22 lug 2025

Nel vasto universo delle moto personalizzate, ogni tanto emerge un progetto talmente fuori dagli schemi da lasciare a bocca aperta anche i più esperti del settore. È il caso della straordinaria Kawasaki KH606, una vera e propria leggenda contemporanea, frutto dell’ingegno e della passione di Simon Whitelock. Questo esemplare unico, attualmente protagonista di una prestigiosa asta Giappone, rappresenta una delle massime espressioni di eccesso e genialità applicate alla meccanica tradizionale.

L’epicentro di questa creazione è il suo cuore meccanico: un motore a sette cilindri in linea, una configurazione rarissima che già di per sé la rende oggetto di culto tra i collezionisti. Realizzata nel 1999, la Kawasaki KH606 nasce dall’ambizione di spingersi oltre i limiti della progettazione classica, prendendo come base la storica Kawasaki KH250, modello iconico degli anni Settanta. Whitelock, celebre per le sue imprese estreme – come la Kawasaki a 48 cilindri – ha saputo fondere creatività, audacia e competenza tecnica in un’opera senza eguali.

Il motore, vero protagonista della scena, è stato assemblato utilizzando parti della Kawasaki KH250, ma ampliato e riprogettato per accogliere ben sette cilindri in linea. Una scelta ingegneristica che va oltre la semplice modifica: significa riscrivere le regole della meccanica tradizionale, portando il concetto di customizzazione su un piano superiore. Il risultato? Una potenza stimata di oltre 100 cavalli, una cifra che mette in ombra la già performante Kawasaki KH500 e che, se confermata, la colloca tra le moto più potenti mai realizzate artigianalmente su base classica.

Per ospitare un propulsore di tali dimensioni, il telaio della Kawasaki KH250 è stato oggetto di una radicale trasformazione: completamente riprogettato, allungato e rinforzato, ha visto aumentare la larghezza di serbatoio e sella di ben 10 centimetri. Nonostante questi interventi, Whitelock è riuscito a preservare l’identità visiva del modello originale, rendendo la Kawasaki KH606 immediatamente riconoscibile ma, al tempo stesso, unica nel suo genere.

Kawasaki KH606, la ciclistica

Anche la ciclistica è stata sottoposta a un upgrade sostanziale. La parte anteriore proviene dalla più robusta Kawasaki KH500, con una forcella telescopica potenziata e un sistema frenante a doppio disco, pensato per domare la maggiore potenza e il peso extra della moto. Il posteriore, invece, mantiene il classico freno a tamburo della Kawasaki KH500. Tuttavia, come sottolineato dall’esperto Rick Brett, vicino a Whitelock e profondo conoscitore di moto d’epoca, proprio l’impianto frenante potrebbe rappresentare il vero punto debole di questa creatura, risultando forse sottodimensionato rispetto alle nuove esigenze prestazionali.
Un altro aspetto che rende la Kawasaki KH606 un esemplare affascinante, ma anche impegnativo, è la complessità del suo sistema di alimentazione. Gestire sette carburatori non è un’impresa da poco: la configurazione ha portato alla creazione di un impianto estremamente sofisticato, ma non privo di criticità. Tra queste, le frequenti perdite di carburante, una problematica ancora in fase di risoluzione che testimonia quanto la ricerca dell’estremo comporti inevitabilmente sfide tecniche fuori dal comune.

All’asta in Giappone

Attualmente, questa icona delle moto personalizzate è protagonista di una asta Giappone con una base di partenza di 12 milioni di yen, pari a circa 75.000 euro. Una cifra elevata, a cui vanno aggiunti costi di spedizione, tasse d’importazione e le eventuali procedure di omologazione per il mercato europeo. Tuttavia, per i collezionisti e gli appassionati più esigenti, non si tratta semplicemente di acquistare una motocicletta, ma di entrare in possesso di una vera scultura meccanica, capace di raccontare la storia dell’audacia umana applicata alla tecnica.

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